L’alopecia androgenetica, o calvizie comune è la malattia dei capelli più frequente, sia nei maschi che nelle femmine. Si parla delle cause e dei sintomi, e dei modi più moderni per fare la diagnosi e seguire il paziente nel tempo. Sono discusse le terapie disponibili sul mercato e quelle promettenti, ma ancora in studio.

L’alopecia androgenetica, anche chiamata calvizie comune, è la forma più comune di alopecia sia nei maschi che nelle femmine, e colpisce fino al 80% degli uomini e il 50% delle donne nel corso della vita.

Nei maschi, l’alopecia androgenetica diventa visibile di solito fra i 20 anni e i 30 anni, ma può comparire anche in età più giovane, soprattutto se vi è familiarità. In Italia, ne soffrono più di 11 milioni di maschi adulti. Nelle donne, la prevalenza dell’alopecia androgenetica aumenta col passare degli anni, e in particolare dopo la menopausa.

Cosa succede nell’alopecia androgenetica?

  • I follicoli piliferi di alcune aree del capo (fronte, tempie, aree del vertice) diventano pian piano più piccoli e producono dei capelli sempre più sottili e chiari, con una fase di crescita accorciata (miniaturizzazione);
  • alcuni follicoli interrompono in ciclo di crescita e rimangono vuoti, senza capello (fenomeno dei follicoli vuoti).

Nell’alopecia androgenetica compare così un diradamento progressivo dei capelli della parte anteriore e del vertice, associato a un aumento della caduta dei capelli di queste aree.

Patogenesi

L’alopecia è definita “andro-genetica”, in quanto per la sua comparsa sono necessari sia ormoni androgeni, che la predisposizione genetica.

La predisposizione genetica è tipica della calvizie, perché condiziona la risposta dei follicoli agli androgeni. Se uno o entrambi i genitori sono calvi, l’alopecia androgenetica tende a comparire presto negli anni ed a evolvere in forme gravi. Ad oggi sono stati isolati 12 geni predisponenti, ma di alcuni ancora non si conosce l’azione.

La causa della miniaturizzazione dei follicoli e dell’arresto del ciclo di crescita è l’azione degli ormoni androgeni, soprattutto del diidrotestosterone (DHT). Per questo motivo l’alopecia androgenetica è più frequente nei maschi, dove gli androgeni sono fisiologicamente più alti che nelle femmine. Nella donna con alopecia androgenetica gli androgeni possono essere normali, se vi è una forte predisposizione genetica, possono essere più alti del normale, quando l’alopecia si associa a irsutismo, acne o irregolarità mestruali, o possono invece essere normali ma associati a ridotti livelli di estrogeni, come succede dopo la menopausa.

L’ormone androgeno responsabile dell’alopecia androgenetica è il diidrotestosterone (DHT), attivamente prodotto a livello follicolare. Il follicolo pilifero e la ghiandola sebacea sono infatti in grado di metabolizzare attivamente gli androgeni attraverso alcuni sistemi enzimatici che permettono di convertire gli androgeni deboli in derivati più potenti (5 alfa-reduttasi, 3b-idrossisteroidodeidrogenasi, 17b-idrossisteroidodeidrogenasi) e di convertire alcuni androgeni in estrogeni (aromatasi).

E’ la 5 alfa-reduttasi di tipo II l’isoenzima alla base della comparsa della calvizie, come inizialmente mostrato dallo studio di alcune famiglie dominicane che presentavano un deficit ereditario selettivo della 5 alfa-reduttasi di tipo II. I maschi di queste famiglie, alla nascita presentavano un fenotipo femminile con genitali esterni ambigui, ma con la pubertà acquisivano un fenotipo maschile, con normale attività sessuale e fertilità, senza però sviluppare né la barba, né l’alopecia androgenetica.

Questo studio ha dimostrato 3 elementi di estrema importanza:

  1. è il testosterone e non il DHT che regola il fenotipo maschile e la funzione sessuale dopo la pubertà;
  2. gli effetti del DHT dopo la pubertà si esplicano solo sui follicoli piliferi del cuoio capelluto e sulla prostata;
  3. la 5 alfa-reduttasi di tipo II è l’enzima cardine per lo sviluppo di alopecia androgenetica.

Studi successivi hanno confermato questi dati, mostrando che l’attività della 5 alfa-reduttasi di tipo II è molto più elevata nel maschio che non nella femmina, e in entrambi i sessi nella regione frontale (colpita dall’alopecia androgenetica) rispetto alla regione occipitale. Il DHT, prodotto a livello follicolare dalla 5 alfa-reduttasi di tipo II, si lega al recettore specifico per gli androgeni dei follicoli, ed esercita cosi il suo effetto di indurre la miniaturizzazione follicolare e l’accorciamento della fase di crescita. E’ importante ricordare che l’affinità del recettore degli androgeni per il DHT è 5-6 volte più alta di quella per il testosterone e oltre 10 volte più alta di quella per gli altri ormoni androgeni.

Per effetto del DHT, i follicoli delle aree androgeno-dipendenti iniziano il processo di miniaturizzazione, che progredisce nel tempo, con una velocità determinata dalla predisposizione genetica, e non si arresta se non trattata con farmaci specifici.

Manifestazioni cliniche

L’aspetto clinico dell’alopecia androgenetica è caratteristico, perché si assiste ad una graduale rarefazione dei capelli in aree specifiche del capo: è tipica la recessione fronto-temporale (stempiatura), il diradamento dei capelli del vertice (chierica), e in sede anteriore, fino a un’alopecia completa della sommità del capo. In tutti i casi, si assiste al mantenimento dei capelli nella regione parietale ed occipitale.

Alopecia androgenetica maschile: la stempiatura è uno dei segni iniziali

Alopecia androgenetica maschile: la stempiatura è uno dei segni iniziali

Alopecia androgenetica maschile: l'assottigliamento dei capelli al vertice provoca la "chierica"

Alopecia androgenetica maschile: l’assottigliamento dei capelli al vertice provoca la “chierica”

Alopecia androgenetica maschile: a volte è colpita la zona anteriore del capo, e il diradamento dei capelli permette di vedere la cute

Alopecia androgenetica maschile: a volte è colpita la zona anteriore del capo, e il diradamento dei capelli permette di vedere la cute

Nelle aree colpite dall’alopecia androgenetica, i follicoli piliferi vanno incontro a una progressiva trasformazione che li rende via via più piccoli e superficiali (miniaturizzazione). I follicoli miniaturizzati producono peli più piccoli, sottili e meno pigmentati ed hanno una fase anagen (di crescita) molto più corta del normale (di alcuni mesi anziché anni).

L’accorciamento della fase anagen è il motivo per cui nel cuoio capelluto affetto da alopecia androgenetica vi è un numero aumentato di follicoli in fase telogen, con conseguente aumento della caduta dei capelli di queste aree, ed i capelli che cadono sono di lunghezza sempre minore, fenomeno spesso notato anche dallo stesso paziente. I follicoli colpiti da alopecia androgenetica presentano anche un allungamento della durata della fase di riposo, e quindi rientrano in anagen più tardivamente rispetto ai follicoli normali. Questo fa sì che il follicolo rimane per un periodo di tempo vuoto (lag fase, fase kenogen), in quanto il pelo in telogen è già stato eliminato e il nuovo pelo in anagen non è ancora stato prodotto.

Il diradamento dei capelli delle aree affette da alopecia androgenetica è quindi dovuto a 2 fenomeni: miniaturizzazione follicolare e reale diminuzione del numero totale dei capelli. Entrambi questi eventi patologici possono essere fermati, e fatti regredire, se si inizia il trattamento medico precocemente.

Da forme iniziali di alopecia androgenetica, dove il diradamento è poco evidente, si progredisce a forme sempre più severe, che culminano con la miniaturizzazione totale di tutti i capelli, eccezion fatta per le aree peri-auricolari e la regione nucale.

La gravità dell’ alopecia androgenetica è comunemente valutata mediante scale che ne stadiano la gravità. Nel maschio si usa la scala di Hamilton-Norwood, che distingue 7 gradi di calvizie, in base alla localizzazione e all’estensione della malattia. Dal punto di vista pratico, la terapia medica è efficace fino al grado IV della malattia: nelle forme più gravi la sola terapia medica non è in grado di dare risultati cosmeticamente soddisfacenti. Nella femmina sono usate sia la scala di Savin che quella di Sinclair, che distinguono rispettivamente 3 e 5 gradi di gravità di alopecia.

L’ alopecia androgenetica può provocare problemi psicologici anche gravi. Il diradamento dei capelli può essere infatti vissuto come una gravissima deturpazione fisica, soprattutto nei pazienti giovani con scarsa autostima e insicurezze relazionali che traggono dall’aspetto fisico sicurezza per i rapporti sociali.

Come capire se è un’alopecia androgenetica

La diagnosi di alopecia androgenetica è di solito facile, perché è visibile il diradamento dei capelli nelle aree caratteristiche.

L’esame clinico deve valutare la gravità della calvizie e vedere se è associata un’aumentata caduta. In questi casi è utile il pull test.

Più difficile è valutare se persone giovani, con predisposizione genetica, hanno una alopecia androgenetica iniziale: in questi casi è utile effettuare un’indagine dei capelli con la dermoscopia, che permette la diagnosi di alopecia androgenetica anche nelle fasi iniziali.

La dermoscopia permette di visualizzare tutti i segni che contribuiscono a rendere clinicamente “diradate” le aree androgeno-dipendenti del capo affette dall’alopecia. I segni demoscopici dell’alopecia androgenetica sono riconducibili alla sua patogenesi e riguardano sia il fusto dei capelli che il cuoio capelluto.

Variazione del diametro

E’ diagnostico dell’alopecia androgenetica una variazione del diametro che interessa >20% dei capelli delle regioni androgeno-dipendenti (anisotricosi). Per effetto degli ormoni androgeni, i follicoli piliferi vanno incontro ad una progressiva miniaturizzazione e producono capelli via via più sottili e meno pigmentati. La miniaturizzazione follicolare inizialmente interessa in modo diverso i follicoli adiacenti: nelle forme iniziali di alopecia androgenetica, utilizzando la dermoscopia, si possono così vedere nella stessa area capelli di diametro normale, capelli leggermente più sottili, e capelli molto sottili e corti.

La dermoscopia nell'alopecia androgenetica

La dermoscopia nell’alopecia androgenetica femminile mostra la presenza di capelli di diametro variabile: accanto a capelli grossi sono presenti capelli più sottili e capelli sottilissimi (variabilità del diametro). A destra è visibile un follicolo vuoto (punto giallo).

Questo è uno degli usi più importanti della dermoscopia nell’alopecia androgenetica: permettere di fare diagnosi delle forme precoci, che non sarebbero state riconosciute con il solo esame clinico.

Nelle forme più gravi di calvizie la miniaturizzazione colpisce diffusamente i follicoli ed i capelli sono omogeneamente sottili.

Fenomeno dei follicoli vuoti

Appaiono come punti gialli (yellow dots) sul cuoio capelluto, e corrispondono a follicoli vuoti. Il colore giallo è dovuto al fatto che l’ostio follicolare, più o meno dilatato, contiene il sebo prodotto da parte della ghiandola associata al follicolo. Gli yellow dots non sono esclusivi dell’alopecia androgenetica, in quanto sono diverse le malattie infiammatorie dei capelli che possono portare alla comparsa di follicoli vuoti. In particolare, gli yellow dots si osservano nel 95% dei pazienti con alopecia areata.

Depressioni peripilari o anelli peripilari

Appaiono come aloni bruni che si estendono per circa 1 mm attorno all’ostio follicolare da cui emerge il capello. Sono specifici e caratteristici dell’alopecia androgenetica e si riscontrano più spesso nei pazienti con forme lievi di alopecia androgenetica, con un’ elevata densità dei capelli, sia maschi che femmine. La patogenesi di questi aloni bruni perifollicolari non si conosce, ma si ipotizza che riflettano la presenza di una infiammazione del derma perifollicolare superficiale, spesso presente nel cuoio capelluto dei pazienti con alopecia androgenetica.

Malattie associate all’alopecia androgenetica

L’alopecia androgenetica, così come l’aumentata secrezione sebacea, sono conseguenza dell’effetto del diidrotestosterone sul follicolo pilosebaceo; è per questo frequente che i pazienti con alopecia androgenetica presentino anche un’intensa seborrea. La dermatite seborroica determina un’infiammazione cronica del cuoio capelluto che contribuisce all’aggravamento dell’alopecia.

Nelle donne con segni di iperandrogenismo (irsutismo, ance, irregolarità mestruali) è sempre bene escludere disturbi ormonali, fra cui il più frequente è la sindrome dell’ovaio policistico.

Trattamento dell’alopecia androgenetica

E’ noto da anni che l’alopecia androgenetica si può arrestare e migliorare solo con trattamenti medici continuati nel tempo e mai interrotti. Il trattamento deve inoltre essere iniziato negli stadi iniziali della malattia, perché le forme gravi rispondono meno alle cure, e non deve poi essere mai sospeso. La miniaturizzazione follicolare che caratterizza la patogenesi dell’alopecia androgenetica deve essere bloccata all’inizio, quando cioè il follicolo non è ancora del tutto rimpicciolito: solo in questo caso il trattamento medico può indurre un graduale aumento delle dimensioni del follicolo e dello spessore del capello.

La terapia medica è utilizzata per prevenire la progressione dell’AGA e indurre un inspessimento dei capelli assottigliati. L’efficacia deve essere valutata dopo almeno 6 mesi di trattamento e la terapia deve essere protratta nel tempo per mantenere l’effetto. In caso di mancata risposta alla terapia prescritta è possibile associare più trattamenti medici ed eventualmente considerare la terapia chirurgica. Solo 2 trattamenti medici sono approvati dal ministero della sanità: finasteride 1 mg e minoxidil 2 e 5% lozione.

Finasteride

La finasteride è un inibitore 4-azasteroideo dell’enzima 5-alfa-reduttasi di tipo 2. Il dosaggio ottimale nell’alopecia androgenetica è di 1 mg/die. L’efficacia della finasteride nel trattamento dell’alopecia androgenetica del maschio è stata dimostrata da studi clinici versus placebo, che hanno dimostrato che l’assunzione di 1 mg al giorno di finasteride per via orale provoca, dopo 5 anni, un miglioramento clinico nel 48% dei pazienti trattati. Un arresto della progressione dell’alopecia androgenetica è stato osservato nel 99% dei casi. L’efficacia della finasteride è legata alla somministrazione e per il mantenimento dei risultati il trattamento deve essere protratto del tempo. Il farmaco è efficace a qualsiasi età anche se la maggior parte degli studi clinici sono stati effettuati nella fascia di età fra i 18 ed i 45 anni.

Poiché il DHT è indispensabile per lo sviluppo della barba la finasteride non deve essere prescritta se la barba non è completamente presente.

La finasteride è un farmaco molto ben tollerato che non provoca generalmente effetti collaterali. Raramente (<2% dei pz) può provocare disturbi a carico della sfera sessuale (diminuzione della libido, diminuzione del volume dell’eiaculato, disturbi dell’erezione).

Minoxidil

Il minoxidil è un derivato pirimidinico (2,4-diamino-6 piperidinopirimidino-3 ossido) dotato di un potente effetto vasodilatatore e della capacità di ispessire progressivamente i follicoli piliferi, allungandone la fase di crescita. Questi effetti sono legati al metabolita attivo minoxidil solfato, prodotto nel cuoio capelluto dal sistema enzimatico sulfotransferasi.

La disponibilità di sulfotransferasi a livello follicolare può probabilmente variare da soggetto a soggetto e la maggiore o minore risposta al farmaco nei diversi pazienti può in parte essere correlata alla capacità di trasformare il minoxidil nel suo metabolita attivo.

Progressivamente, sotto l’azione del minoxidil, i follicoli miniaturizzati permangono in anagen per un periodo sempre più lungo, producendo in cicli successivi peli sempre più simili ai peli terminali ed assumendo infine le caratteristiche di follicoli terminali.

Il minoxidil topico è attualmente in commercio alla concentrazione del 2 e del 5%. Nel maschio si usa il 5%, nella femmina sono possibili entrambe le opzioni, da decidere da caso a caso.

Nei soggetti che rispondono al trattamento si osserva un graduale e progressivo aumento del diametro e della lunghezza dei peli.

La terapia con minoxidil topico può essere causa di alcuni effetti collaterali locali. I pazienti spesso lamentano aumento della desquamazione e danni cosmetici a carico del capello. Lo shampoo quotidiano migliora questi disturbi. Il follow-up post marketing più che ventennale del minoxidil prova che il farmaco non ha effetti collaterali cardiaci o sistemici.

Prognosi

L’evoluzione dell’alopecia androgenetica non trattata è lenta e progressiva. L’aggravamento dell’alopecia è più veloce se vi è una forte predisposizione genetica e nelle donne con associate disturbi ormonali.

Farmaci in studio per l’alopecia androgenetica

Ancora non disponibili perché in fase di studio, quindi con efficacia e tollerabilità ancora da valutare, ci sono 3 possibili novità per il trattamento dell’alopecia androgenetica:

  • Finasteride somministrata per via locale, solo per il maschio, che raggiunge elevati livelli nel cuoio capelluto e bassi livelli nel siero;
  • Bimatoprost topico ad alte concentrazioni, in studio per la cura dell’alopecia androgenetica di maschi e femmine, a concentrazioni molto superiori a quelle presenti nei colliri o nei prodotti per allungare le ciglia;
  • Setipiprant orale: questo antagonista selettivo del recettore per la prostaglandina D2 (PGD2), usato il trattamento di asma e rinite allergica, agirebbe nell’alopecia androgenetica perchè diversi studi mostrano che la PGD2 è elevata nel cuoio capelluto calvo, ed ha effetto inibitore della attività di crescita dei follicoli.